Table Of ContentFRANCESCO PETRARCA
RERUM MEMORAN
DARUM LIBRI « -< <
* EDIZIONE CRITICA PER CURA
GIUSEPPE BILLANOVICH
di
CON UN RITRATTO E DUE TAVOLE FUORI TESTO *
EDEZIONENAZIO=
NALEBELLEOPEREl
DIFRANCESCO
PETRARCA:
«smurai»
FIRENZE G • C • SANSONI -t! EDITORE
-i
INTRODUZIONE
PROPRIETÀ LETTERARIA
4- 1943 XXI - Tip. « L’Arte della Stampa, » Succ. Landi-ViaS. Caterina, 16. - Firenze.
Avvertenza preliminare. — Le citazioni petrarchesche in ge
nerale sono fatte, nell’Introduzione e nel testo, dalle Opere di Basi
lea 1564. Per 1*Africa e le Familiares mi richiamo, naturalmente, ai
volumi dell’edizione nazionale del Festa e del Rossi; e pure per
VItinerarium alla lezione e numerazione da me stabilite per la
stessa edizione. Uso del De gestis Cesarie il testo dello Schneider
(Lipsia 1827); che completo, per il De viris, coll’edizione del Razzo-
lini (Bologna 1874). Per le Varie rimando alla stampa del Fracas-
setti (Firenze 1863), e del Capelli per il De sui ipsius et multo-
rum ignorantia (Parigi 1906). Per le Seniles, pur seguendo l’edi
zione di Basilea, correggo l’inesatta numerazione dei libri. In ognu
no degli altri casi in cui il rinvio non vada alla stampa cinque
centesca segno costantemente l’indicazione compiuta.
NelV Introduzione e nel testo ogni rinvio ai Rerum Memorandarum
si fa, fome per le Familiares, con tre numeri: libro (romano), ca
pitolo e paragrafo (arabici); oppure se per maggiore comodità,
volendo richiamarsi a espressione o assai breve o da limitarsi con
esattezza, si desidera che il terzo numero indichi invece la linea,
gli si antepone l’indicazione 1. o 11.
(
2. - PETRARCA, Rerum Memorandarum libri.
I.
LE DUE TRADIZIONI
DEI 4 RERUM MEMORANDARUM’.
Un accenno ai Rerum Memorandarum libri si trova in una
delle lettere che il Petrarca diresse ai giurista Giovanni d’An
drea : la settima del quinto libro delle Familiares, scritta il 27 di
cembre del 1343. L’amico era stato commosso da un sogno, e
il Petrarca, come molto spesso iniziando la lettera in forma di
trattato, premette l’accademico, preliminare richiamo alle fonti
classiche per questo argomento: Calcidio Macrobio Cicerone.
Dopo quest’inizio però, che pare promettere qualcuna delle pa
gine meno vive e più ingombre dell’epistolario, è troncata l’im
postazione teorica e si entra invece in quella che è sempre, non
soltanto per la curiosità o erudita o superficiale, materia viva
nelle Familiares: la confidenza autobiografica; e vi si racconta
come due sogni dell’autore pienamente si avverarono. Ma alla
fine di questa introduzione, dopo aver ricordato al professore
bolognese quelli antichi trattati sui sogni (e naturalmente quel
ricordo era stato introdotto dalla formula ambigua, cara a let
terati maestri di cortesia di affettazione di erudizione: « quo
rum omnium sententias nosti, nisi quia de industria me ad scri
bendum elicis »), il Petrarca promette alla curiosità dell’amico
un’opera in cui si parlerà proprio dei sogni; alla quale egli sta
ancora lavorando: «Siquid de hac re verbosius agentem audire
volueris, est in manibus Liber Memorandarum Rerum', qui si
unquam in publicum exierit, prima operis pars de his latius
te cum aget ».
Però Giovanni d’Andrea non vide mai quel libro, poiché il
quaderno già scritto rimase certo abbandonato, e probabilmente
ignorato, nell’armadio del Petrarca; tanto più che le insistenze,
quasi i rimproveri, con cui gli amici animavano il correttore
xn INTRODUZIONE
prudentissimo, dovevano favorire altri volumi: particolarmente,
si sa, la sospirata Africa e il De viris illustribus. An*i quando
<ù>u
Lombardo («maximus fame Francisci nostri custos») e forse
auur vitulcruc T\erj^> \i$ <0 tò tfè/tpVmr
con lui un vero cenacolo padovano («illa Petrarce schola»:
come dicono le lettere del Salutati), iniziando la fatica di erede
e di editore, raccolse dopo il 1374 quaderni e fogli riempiti dalla
scrittura del gran vecchio e dei suoi copisti, quello che egli ri
( V t a c f n u p t a w uréufm
trovò dei Rerum era assai poca parte rispetto al disegno che
l’autore aveva più di trent’anni prima formato; un rapporto
più magro ancora di quello dato dalle biografie stese e l’am
’.T*rrm
piezza sognata per il De viris.
Certamente per Lombardo e i suoi amici non fu breve il la
voro di edizione delle opere affidate alle loro cure. Molto tardi
essi divulgarono l’Africa, e pure con ritardo le due opere stori . ’* »
che. Cinque anni dopo la morte del Petrarca gli studiosi fioren
fatturi Au* fftvtqj
tini ancora aspettavano da Padova il testo del De viris e dei
Rerum: il 13 luglio del 1379 Coluccio Salutati chiedeva a Lom 'ptcttfrmefru fmcitu} <*lr
,
bardo di fargli preparare, oltre alla copia già chiesta del De viris
anche una trascrizione della « gradita operetta delle Res Memo
rabiles» ; di cui gli aveva parlato frate Tedaldo della Casa (*). I uSIflr* tfcp 4
Frate Tedaldo al Salutati sicuramente poteva dare dei Rerum
le notizie migliori, perché ne aveva trascritto il testo dalle carte
arm ncy athtnf g
autografe con tale diligenza, che errò Coluccio a richiedere a
Padova una copia dell’autografo, anzi ché farsi ricopiare il testo '/ Tfo Atifc Votemi tt$ trcpt&r tu b*
dell’amico, più cauto e avveduto di Lombardo e dei suoi copisti.
v-wno fSiHfatrfiC
Tedaldo donò ancor vivo tutti i suoi libri al convento fioren
,
tino di Santa Croce; e il suo esemplare delle Res Memorande
I
assieme agli altri manoscritti del convento francescano, passò
alla Laurenziana (XXVI sin. 9). In fine dell’opera si legge la
ni
provvida e conosciutissima nota: «De caldeis mathematicis et
magis sequebatur titulus, sed ultra nichil plus. Nam istud in
completum dimisit dominus franciscus petrarcha; quia ego fra
ter Thedaldus de mucello ita transcripsi padue ab exemplarj
de manu dicti domini francisci ». È questa l’ultima delle molte /« C ai ***§ —
testimonianze che lo zelante copista ci dà del testo dei Rerum
quale lo lasciò il Petrarca. Altre indicazioni durante il suo la
é&ÌAr# \à9 faw ^ttu ' * I
voro egli ebbe cura di segnare nei margini del suo codice; par
ticolarmente in quei punti in cui una lacuna o una lezione diffi-
(!) «...et, si non impossibile fuerit, ut adiciatur eiusdem viri gratum opuscu
lum Rerum Memorabilium et hortor et peto » (Epistolario, ed. Novati, Roma 1891,
I 331). Il ricordo del «religiosus vir Frater Thedaldus de ordine Minorum» è po
che righe più sopra.
Firenze - Bibl. Laurenziana, xxvi sin. 9 (Ted.), e. 71' (vedi pp. xiii e cxxi n. 1).
LE DUE TRADIZ. DEI * RERUM MEMORANDARUM * xin
cile, o addirittura uu passo senza senso, potevano più tardi far
dubitare lui o un altro lettore che il suo testo corrispondesse
davvero all’originale. Sono quasi sempre formule di questo te
nore: sic in exemplar}, sic in exemplar} de sua manui1).
O sono note ancora più preziose: la fida trascrizione di appunti
qua e là segnati nell’autografo; per cui il lettore chiaramente
conosce giudizio e intenzioni del Petrarca sulle varie pagine
dell’opera. Qualcuna è estremamente caratteristica.
IV 35-36: siamo nel trattato De presagiis morientium', nel
primo capitolo è narrato un triste presagio di Augusto mori-,
bondo, nel secondo sono riportati presagi del morente Claudio:
due narrazioni, naturalmente, ricavate da Svetonio. Nel margine,
all’altezza dello spazio tra un capitolo e l’altro, Tedaldo ha an
notato: «hic de quadraginta viris qui eum asportarunt. Sic in
exemplarj cum spacio carte ». Nulla di questo negli altri codici,
che metodicamente ignorano questi avvertimenti. Per beile inten
dere basta ricercare nel De vita Caesìmm: qui il Petrarca voleva,
ritraendolo appuntò da Svetonio, aggiungere al primo capitolo il
racconto di un sogno presago del moribondo Augusto. (Cfr. tav. I).
Unum omnino ante efflatam animam signum alienatae mentis ostendit,
quod subito pavefactus a quadraginta se iuvenibus abripi questus est. Id
quoque magis praesagium quam mentis deminutio fuit, siquidem totidem
milites praetoriani extulerunt eum im publicum (Aug., 99).
Compresa la derivazione, e quindi l’importanza, di queste
note, gli occhi del buon osservatore, fissi sulle pagine del Lau-
renziano, scorgono in parecchi punti dei misteriosi att. Devono
essere gli attende con cui il Petrarca cosi spesso fermava la sua
attenzione di lettore o di correttore (De Nolhac, Pétrarque et
Vhumanisme, Parigi 1907, I2 154, II2 53 n. 2 e particolarmente
II2 51). È quindi conservato il ricordo e il lamento dell’autore
che i brani o le parole cosi segnate ancora non lo soddisfacevano.
Una delle ultime pagine del codice toglie per questo ogni dubbio;
riportando l’avvertimento con cui l’autore si esortava a riflettere
('jDe sua manu; come nella nota finale: de manu dicti domini
Francisci. Dunque l’archetipo dei Rerum era autografo : non trascrizione
di copista, se pur riveduta e corretta dall’autore. Apparirà naturale quando si
dirà in che epoca, lhoghi e condizioni quel testo fu preparato. Ed è certo che Te
daldo e Lombardo — il quale sicuramente assistè il frate nelle ricerche e nella tra
scrizione di varie opere composte o possedute dal maestro - non poterono ingan
narsi; benché per questo in anni più tardi errori e leggende siano stati incredi
bilmente frequenti e gravi. Inoltre correzioni e incertezze che, come vedremo
con sicurezza, tormentavano le pagine di quel testo, confermano proprio che il
trascrittore agiva colla libertà e le necessità di un autore.
XIV INTRODUZIONE LE DUE TRADIZ. DEI ‘ RERUM MEMORANDARUM ’ xv
se quell’aneddoto non fosse meglio spostarlo in altra parte del petrarchesche dei testi di Tedaldo: nuovo segno dell’abilità del
l’opera: « Attfende] quia ista melius in cfapitulo] de mirabilibus » l’acuto libraio.
(IV 121) (*). Di fronte al Laurenziano e ai suoi derivati sta il resto della
Scorge e valuta queste note preziose solo la pazienza del col- 'tradizione: ima dozzina di manoscritti provenienti sicurissima
lazionatore, ma già la subscriptio finale di Tedaldo (« transcripsi mente da un’altra fonte; non però rappresentanti di una diversa
padue ab exemplarj de manu dicti domini Sancisci») doveva redazione: come è ben presumibile, se alla morte del Petrarca
attrarre più tardi gli amatori delle opere del Petrarca e i librai restava solo l’abbozzo di una parte breve dell’opera. La prima
interessati a fornirle; e forse quella subscriptio & la correttezza sod famiglia, fa capo a Firenze, al codice di Tedaldo. E la seconda?
disfacente del testo dei Rerum diffusero una fiducia eccessiva su Prima ancora di riflettere sulle molteplici, indubitabili prove,
questo codice laurenziano, nel quale i Rerum sono i primi di una. viene spontanea là congettura che l’origine di questa tradizione
lunga serie, e sugli altri manoscritti petrarcheschi del frate, dove vulgata, a cui si rifanno tutte le stampe e la parte maggiore
le pagine non sono tutte curate e sicure come quella prima co dei manoscritti - e tra essi tutti i codici copiati da penna stra
pia. Anzi — ed è naturale — chi collazioni questa stessa trascri niera possa solo trarre origine da Padova e dalle cure di Lom
zione dei Rerum distingue subito del copista ore di vigilanza e bardo; poiché a Lombardo e ai padovani dovettero rivolgersi
ore invece di attenzione dimessa; e più spiacevolmente vede, dopo il 1374 i molti amici del grande morto per richiedere copia
oltre le severe intenzioni e i savi programmi, che quel frate co delle opere, particolarmente di quelle che ancora non erano di
piava troppo veloce e distratto. Peccati di una natura superfi vulgate o per cui si sospettava l’esistenza di una assai diversa
cialmente mobile, neppure vinti dal diuturno, penoso esercizio,
redazione posteriore.
e colpa certo delle immancabili tentazioni con cui la noia logo Nella fortuna dei testi del Petrarca, particolarmente di quelli
rava l’eroismo durante quel lavoro padovano di Tedaldo, pau che l’autore non diffuse da vivo, questa edizione padovana è il
roso per la durata e la monotonia; ma colpa maggiore della fatto capitale. Lombardo e i suoi collaboratori (copisti stipen
grave strettezza di tempo che li, sull’abbandonato scrittoio del
diati e dotti consiglieri) prepararono un corpus delle opere del
Petrarca, davanti alla libreria preziosissima-esasperava del po maestro: o almeno di quelle ancora ignote. Quindi per ogni ri
vero umanista la passione di copiare tutto e tormentava la proba cerca sui testi petrarcheschi è preliminare e essenziale, a togliere
volontà di copiare rispettosamente (a).
difficoltà e chiarire fino all’estremo le nostre soluzioni, lo studio
Dal Laurenziano derivano alcuni codici di lusso; particolar dei criteri adottati in questo lavoro dal gruppo padovano. Prima
mente perché Vespasiano da Bisticci si servi per le sue copie di tutto per i Rerum Lombardo e gli amici curarono una tra
scrizione in buona copia dai quaderni lasciati alla loro cura.
Da quella trascrizione, e non dall’autografo, deriva la famiglia
(1) E al Petrarca risalirà per esempio la nota quidam Alpricum, scritta accanto
all’Albncum (il fratello di Ezzelino) di IV 41, 4; e anche il vel amici segnato di padovana (x).
fianco a ilUus miserabile audivit mortem (IV 98, 27): testimonianze d’incertezza Questo lavoro dei padovani (© sicuramente Lombardo ne fu
ora storica, ora stilistica, che si ripetono con notevole frequenza.
(a) Restano nei codici di Tedaldo frequenti ricordi di quella sua pena. In que il direttore e il responsabile primo) è viziato da un difetto ca-
sto stesso Laurenziano, alla fine dell 'Itinerarium (che so trascritto anch’esso a
Padova, dalle carte del Petrarca) c’è la dolente nota: « propter festinantiam forte
non est correctus ». In un altro Laurenziano (XXVI sin. 8, c. 67^) YexpUcit delle
Invective in medicum si allunga in un lamento tradizionale : « Iam tace, penna, (l) S’intende bene il risparmio di fatica di noie e di pericoli che persuasero
precor, nempe labore necor ». Ma anche su questo con precisione e minuzia ci ad allestire la copia e a trascurare l’autografo: particolarmente dovendo prepa
informerà, quando sarà completa, questa edizione nazionale; che sopra tutto rare ricchi codici in pergamena, dove cancellature aggiunte trasposizioni (inevita
dirà il valore esatto delle singole trascrizioni di Tedaldo, e particolarmente quali bili ricavando1 il testo da fogli tormentati) sarebbero state imperdonabili brutture;
furono compiute a Padova da autografi o da copie autentiche. Ciò che finora sap e per cui Lombardo avrebbe dovuto sprecare tempo e pazienza volta per volta,
piamo dei lavori dei criteri e della figura di questo umanista è molto poco. Van cui ogni pagina aiutando e sorvegliando il copista. Ma le intenzioni di Lombardo
taggiosi i regali dell’erudizione settecentesca (Mehus e "Bandini), molto grate le e dei suoi consiglieri erano pure più elevate: di lavorare cioè per l’eternità, pre
informazioni che può fornirci l’esperienza di editore del Festa (Introd. elVAfrica, parando non una copia, ma l’edizione; quindi eliminando incertezze tra due le
passim) e specialmente la conoscenza e la solerzia meritevolissima del Piur, Pe zioni, rinunziando a segnalare lacune, dando persino per compiuto ciò che non
trarca» « Buch ohne Namen » ..., Halle 1925, pp. 265-67. Esposizione utile (ma non era. Accuse e rimproveri contro questo metodo sono facili ; ma forse Lombardo
senza peccati) e utile raccolta bibliografica la lezione tenuta dal P. Sarri al con seguiva in qualche modo, travisandoli con arbitri e errori, consigli e disposizioni
vegno petrarchesco di Arezzo del 1931. del maestro?
MANOSCRITTI XVII
XVI INTRODUZIONE
pitale. Evidentemente non sarebbe stato danno fondamentale se
le seconde e terze copie fossero state inquinate da sbagli e da
II.
lacune. Peccato del resto tanto comune, poiché queste trascri- $
MANOSCRITTI.
zioni ulteriori, in codici di lusso da offrirsi ai protettori (il Car- *
rarese anzi tutto) o da spedire ai lontani, più potenti o insistenti
1. Famiglia a.
devoti, avevano gli attraenti pregi - la nobile apparenza al
l’esterno e all’interno - e tutte le scorrettezze delle copie ese
1. Laurenziano XXYI sin. 9. Per la descrizione complessiva di Ted.
guite dai soliti, tanto deprecati e disgraziati professionisti dello
questo codice fondamentale e per l’elenco delle opere petrarchesche
scrittoio. Il vizio dell’edizione padovana era purtroppo d’origine:
che vi accompagnano i Rerum si vedano - oltre alle descrizioni som
la copia prima — almeno nel caso dei Rerum — non fu sicura marie del Bandini, Calai, codd. lai., IV 196 sg., e del catalogo dei
mente un modello di precisione e nessuno impiegò cura e acume Codici petrarcheschi delle Bibliot. governative del Regno, Roma 1874
a correggerla in una generale revisione sull’autografo. Lombardo (che indicherò anch’io, come il Rossi, con Cpg.), p. 47 n.° 114, e
e gli amici dovettero essi stessi diffidare della loro opera: in a quella minuta del Piur, Petrarcas ‘ Buch ohne Namen ’, Halle 1925,
fatti un codice della loro famiglia fu coll’autografo collazionato pp. 265-69 - le pp. 12-14 dell 'Introduzione di E. Bianchi all’edizione
per intero, un altro saltuariamente. Eppure proprio ricopiando nazionale delle Epistole metriche.
I Rerum Memorandarum libri iniziano a c. 2r (num. ree.) senza
questi due codici dalla bella copia preparata a cura di Lom
titolo :
bardo i copisti avevano tenuto davanti anche l’autografo (s’in
tende che la loro diligenza non era tanta da stimolarli a ripetere Sed michi cuncta versanti
l’ingrata, tediosa fatica di procurarsi invece una seconda bella
terminano a c. 94v colle parole:
copia!), e ricorsero appunto all’autografo nei rari punti in cui,
• labores nostros miseratus ipse qui potest.
currenti calamo, avvertivano un errore o almeno una difficoltà;
ra riscontralo l’errore, dall’autografo trascrivevano esattamente nel
A cui segue la nota: ‘ De caldeis mathematicis et magis sequebatur
loro testo, senza però (e qui l’incuranza si denunzia in grado titulus. Sed ultra nichil plus. Nam istud incompletum dimisit domi
superlativo) interessarsi a correggere la copia prima, che restò nus franciscas petrarcha, quia ego frater Thedaldus de mucello (can
matrice continua di spropositate trascrizioni. È ben logico quin cellato con inchiostro nero comitatus) ita transcripsi padue ab exem-
di che il confronto con Tedaldo sia deprimente; anzi appunto plarj de manu dicti domini francisci ’ (1). Completa questa subscrip
questo confronto mostra il secondo vizio del lavoro dei padovani. tio, dandoci la data del lavoro di Tedaldo, quella che poco più avanti
Tédaldo volle ricavare una trascrizione diplomatica; Lombardo segue alle Sine nomine: ‘ Explicit libellus Sine nomine intitulatus do
mini Francisci Petrarche, Padue scriptus M.CCC.LXXVIII per fra
tenta una edizione. Perciò Tedaldo ricopia esattamente tutto:
trem Thedaldum de Mucello Ordinis Minorum ’ (c. 270r).
anche dove la lezione lo tormenta per l’oscurità o addirittura
Le pagine dei Rerum sono tutte riempite da una grafia irregolare,
gli ripugna perchè assurda; e provvidamente, ripetendo i segni
frettolosa, un po’ pesante: della mano cosi caratteristica di frate Te
di richiamo dell’originale o esplicitamente assicurandoci con una
daldo. Dopo un breve frammento del De otio (c. 95r) segue un indice
nota a margine che egli dell’originale ha materialmente seguito dei capitoli dei Rerum (cc. 95T-102V).
la disposizione, ci consente, oltre che di affidarci a lui con suffi
ciente fiducia, di ripresentarci con certezza per alcune pagine 2. Laurenziano LXXVIII. 2. Membr., sec. XV, cc. 350. Superba Lam.
- quasi sempre quélle più interessanti, perché le più tormentate - miscellanea petrarchesca, accuratissimamente preparata, colle ini
la precisa fisionofnia dell’autografo (cancellature, richiami, fo ziali miniate e con due tavole a colori in principio: in ima il minia
tore dipinse stemmi ed emblemi dei Medici, nell’altra dispose dei
glietti aggiunti, carte bianche). Lombardo invece, o chi lavorò
con lui, tra le varie possibilità che una correzione imo sposta
mento un’aggiunta potevano offrire ne sceglie mia soltanto: (!) L’errore del Bandini ‘ tantum scripsi ’ per ‘ transcripsi ’ (il ‘ trans ’ è ag
quella che gli pare (e magari generalmente è) la più adatta. giunto in alto) e la sua omissione del cancellato ‘ comitatus ’ (per noi eccitatore
di curiosità) vennero ripetuti quasi da tutti.
3. - Petrarca, Rerum Memorandarum libri.
xviii INTRODUZIONE
MANOSCRITTI XIX
cerchietti, racchiudenti i titoli delle varie opere, attorno a un gran
cerchio centrale, in cui appare la scritta : ‘ In hoc codice continentur c. 39*: Itinerarium breve de Janua, in Jerusalem.
infrascripta opera Francisci Petrarce que in circulis sunt aimotata ’. Anche qui il testo dell’Itinerarium è trascritto da Ted.
c. 48y: La divulgatissima morte di Magone: Africa, VI 885-918.
Già l’apparenza esterna, particolarmente le miniature delle due ta
c. 49*: Liber primus rerum memorandarum Laureati Francisci petrarche de
vole, mostrano che il codice è uscito dalla officina di Vespasiano
Florentia feliciter Incipit'.
da Bisticci. Lo conferma il testo dei jRerum che è una copia, come I quattro libri delle Res Memorande. Uexplicit (c. 142*) è quello
è usuale nei manoscritti petrarcheschi di Vespasiano, dal testo di di Ted.: labares nostros miseratus ipse qui potest; e la dipendenza
Tedaldo (1). Non vi si ripete la subscriptio di Ted., ma, è identico da Ted. è particolarmente confermata dall’identica rubrica: ‘ De
Yexplicit: labores nostros miseratus ipse qui potest. Descritto dal Ban caldeis mathematicis et magis sequebatur titulus, sed ultra nichil
dini, Cauti, codd. lat., Ili 154-55, in Cpg., p. 39 n.° 92, dal Piur, plus. Nam istud incompletum dimisit Dominus Franciscus Pe-
Petrarcas ‘ Buch oline Namen ’, pp. 269-70; e citato dal Kirner, trarcha ’.
Sulle opere storiche di Francesco Petrarca, in Annali della R. Se. Norm. c. 142*: Epistola contra Gallum.
c. 164*: La solita Sen., XVII 3: al Boccaccio (Librum tuum).
Sup. di Pisa, Fil. e Filol., voi. VII, 1890, p. 50 n. 1.
c. 2*: De vita solitaria. 4. Vaticano Latino 4526. Membr. sec. XV, mm. 290 X 211, Vt.
c. 61r: Liber invectivarum contra medicum. cc. 126. Contiene solo i Rerum Memorandarum, copiati da Ted.; da
c. 104r: Tre Seniles: II 1; XVII 3 (a cui segue il De fide et obedientia cui pure fu trascritta integralmente la rubrica finale. Scrittura molto
uxoria)-, XI 11 (colla erronea didascalia: Epistola D. Francisci
chiara, già palesemente l’umanistica; grandi iniziali dorate ag
Petrarche Gherardo monacho Cartusiensi germano suo s.).
giunte posteriormente. Nel margine inferiore di c. 1* è dipinto lo
c. 121*: Incipit tabula super libros domini Francisci Petrarche de rebus me-
stemma di un prelato: cane (o leone) accovacciato sopra sei monti,
morandis.
c. 129v: Finisce la tavola. sormontato da una mitra, in campo turchino con filetti d’argento.
c. 130v: Domini Francisci Petrarche poete fiorentini datissimi de rebus memo- Reca sul dorso gli stemmi di Pio IX e del bibliotecario card. Lam-
randÌ8 liber primus incipit: . bruschini. Lo descrisse M. Vattasso, I codd. petrarcheschi della Bi-
Sed michi cuncta versanti. bliot. Vaticana, Roma 1908, p. 41 n.° 41; e prima E, Narducci, Ca-
I Rerum finiscono a c. 241* : tal. dei codd. petrarcheschi della Bibliot. Ba/rberinù, Chigiana, ecc.,
... labores nostros miseratus ipse qui potest. TeXto?. Roma 1874, p. 59 n.° 146, che però, con imo dei non pochi errori, lo
c. 241r: Itinerarium a Genua usque in lerusalem et Alexandriam.
chiama Vaticano 4519.
c. 252r: De ignorantia sui et ciliorum.
c. 279v: De secreto conflictu curarum mearum.
5. Vaticano Urbinate 382 (già 886). Membr. della seconda metà Urb.
c. 322*: Sine nomine.
del sec. XV, mm. 326 X 312. Carte XVTII-200 (+ I* e Iy). Mano
c. 345*: Epistola que intitvlatur invectivarum contra Gallos.
scritto superbo con limpida scrittura umanistica. Il primo titolo in
Str. 3. Laurenziano Strozziano 91. Bel codice membr. di cc. III-70- oro, i seguenti in rosso; cosi le iniziali di ogni libro sono in oro, le
iniziali di capitolo rosse o turchine. Le cc. Iy-XV contengono una
III, sec. XIV ex. Descritto nei Supplementi del Bandini al Catalogo
chiara tavola del contenuto ; segue, a c. XVIIIy, un disegno analogo
laurenziano, II 426-27, e in Cpg., pp. 50-51 n.° 126; citato nell’art.
del Kirner, p. 30 n. 1, a quello che sta in testa a Lam. : quattro cerchietti, entro i quali sono
stati segnati i titoli delle quattro opere contenute nel codice, disposti
c. 1*: Incipit liber primus Francisci Petrarche insignis de secreto conflictu a quadrato attorno a un gran cerchio centrale, in cui, tra ornamenti
curarum suarum.
d’una corona d’alloro di fiori e di foglie, si legge: ‘In hoc codice
c. 38*: Sen., XI 11.
continentur opera Francisci Petrarce poete fiorentini que in circu
lis sunt annotata’. Mentre Lam. reca lo stemma dei Medici, Urb.
presenta a metà del margine inferiore di c. 1* lo stemma minore di
i1) Anche le Sine nomine, come segnala il Piur, vennero a questo codice dal
Laurenziano XXVI sin. 9; da cui furono inoltre trascritti l’Itinerarium e il fram Federico d’Urbino. Nell’antico indice della biblioteca urbinate il
mentino delle Invective contra Gallum; e, credo, altre opere ancora. Fratello di volume portava il n.° 557. Anche questo manoscritto fu prepara
questo codice, scritto forse dalla stessa mano dice il Piur-fop. cit., p. 269), è un
altro prodotto della bottega di Vespasiano, il Laurenziano LUI 4; in cui le Fa to, come Lam., nella bottega di Vespasiano. Sul dorso le insegne di
miliares sono pure state copiate dal testo posseduto da Tedaldo. Ciò che ancora Innocenzo XII e lo stemma del card. Lorenzo Brancati di Lamia.
si ripete in un altro manoscritto di Vespasiano: il Vaticano Urbinate 330 (Rossi,
Introd. alle Fam., pp. xx, xxx e exxxn, Schema VI). Descrizione in C. Stornaiolo, Codices Urbinates Latini, 1902, pp. 303-
304, nel Catal. dei codd. petrarcheschi della Bibliot. Barberina, Chi-
XX INTRODUZIONE MANOSCRITTI XXI
giana, ecc. del Narducci, pp. 49-50 n.° 110, in Vattasso, I codd. bile sembra essere l’iniziale, una s maiuscola (1). Oltre che dal Ban
petrarcheschi detta Bibliot. Vaticana, pp. 86-87 n.° 97, in P. Piur, Pe- dini il codice fu rapidamente descritto in Cpg., p. 43 n.° 102.
trarcas ‘ Buch ohne Namen ’, p. 287.
7. Ambrosiano G 62 Inf. Cart., del sec. XV, mm. 330 x 230. Abr.
c. lr: Rerum Memorandarum.
Contiene nella prima parte il De scriptoribus latinas linguae di Sicco
L’opera termina:
Polenton. Segue da c. 141r a c. 201v (num. ree.), adespoto e ane
labores nostros miseratus ipse qui potest.
Segue la rubrica di Ted.: pigrafo, il testo dei Rerum, che finisce bruscamente a metà del
cap. IV 100. Una grande lacuna al centro del libro IV, per cui
‘ De caldeis mathematicis et magis sequebatur titulus, sed
ultra nichil plus, nam istud impletum dimisit dominus Franci- l’inizio del cap. 46 ha come seguito il cap. 50; frequenti, noiose tras-
scus Petrarcha’. x posizioni materiali di pagine. Nel primo frontespizio il ‘ vidit ’ del-
c. 127r: Liber de ignorantia sui et aliorum. l’Olgiato colla data del 1603, quando il manoscritto entrò nell’Am
Manca l’epistola accompagnatoria ‘ Ad Donatum Apenninigenam ’ : brosiana. Ivi pure una nota autografa del Muratori (1697), che si
ed. Capelli, pp. 15-16. A conclusione la nota dell’autografo Va interessò dell’opera del Polenton. Il codice non fu mai descritto;
ticano 3359, c. 38v.
anzi neppure è nominato nell’elenco a stampa Adei manoscritti pe
c. 185v: Libettus sine nomine.
trarcheschi milanesi (F. Petrarca e la Lombardia, Milano 1904) (3).
Manca l’ultima lettera.
c. 187r: Itinerarium de Ianua usque in Ierusalem et Alexandriam.
8. Vaticano Reginense 1494. Membr. della fine del sec. XIV, scritto Vrg.
Da questo codice lo stampò il Lombroso nei Rend. della R. Accad.
dei Lincei, S. IV, voi. IV, 1888, pp. 394-403 i1). su due colonne da mano francese. Mm. 328 X 225; cc. 228 (-70.
79. 203. 219; + 155r. 155v). Appartenne alla biblioteca di Paul Pe-
tau e quindi cogli altri volumi dei Petau passò a quella della re
2. Famiglia b. gina Cristina. Nella prima carta vi sono le due annotazioni: x. 17
(la segnatura della biblioteca del Petau) e 1494 (di fianco a quest’ul
Gadd. 6. Laureoziano XC inf. 11. È uno dei Gaddiani primi. Cart. di timo numero di mano diversa e con diverso inchiostro fu aggiunta
mm. 280 X 212. Carte 63 scritte, numerate recentemente a matita, la sigla Reg.). Nel verso di c. 228 si leggono alcune indicazioni di
più tre bianche in testa e due bianche in fine. Scrittura molto carat possessori precedenti: Restituatur iste liber Magistro Egidio Morpan
teristica, leggera minuta con svolazzi: in due colonne, su fogli di religioso Sancti Dy<onisii> ac magistro scolarium predicti Dyo<ni-
visi prima con cura; iniziali alternativamente rosse e turchine. Ter sii> (3). Restituatur iste liber Philippo Vilecte monacho Sancti Dyo-
mina colle parole: <nisii> (4). Restituatur ' Egidio Qenart religioso predicti loci. Note
marginali e titoli sono stati danneggiati dai tagli del rilegatore. Una
O dominum equum et bonum et omnis populus.
mano coeva ha in parecchi punti corretto il testo.
Explicit liber iste Amen.
c. D: Commento di Dionigi di Borgo San Sepolcro ai Factorum et dicto
La nota di possesso sottoposta è stata raschiata. Il Bandini riusci rum memorabilium di Valerio Massimo.
a leggervi: Angeli Zenobii de Qaddis (Gatal., III 698); sforzando gli
occhi si possono ritrovare conferme di questa lettura; seguono però
(*) Cade cosf l’ipotesi del Bandini: «Cognomen penitus erasum est, forte
alcune sillabe indecifrabili. A c. lr il copista scrisse: Jehsus. IÀber legebatur Decembrio ». D’altronde gli errori volgarissimi del testo,
iste domini Francisci Petrarce de viris Illustribus (2) inceptus fuit a particolarmente le evidenti storpiature di nomi propri, dovute al copista e non
al miniatore (Qn. Domitius Enobarbarus a c. 26v, Dantes Algoderius a c. 27r, Epifiu-
tne (due "parole abrase) die septimo mensis novembris 1436 in civitate
rius a c. 40T, Aristofones a c. 42v, Henricus Pontius Sanicium imperator & c. 46T, ecc. ),
Venetiarum. Deus adsit et Maria huic et cunctis principiis nostris. e lo stesso abbaglio di aver preso i Rerum per il De viris (inammissibile per chi
Amen. Sotto la rasura si può intravvedere la prima parola: il nome era cosi informato di opere e anzi di codici petrarcheschi) escludono, senza bi
sogno di confronti, che questa sia la mano dell’umanista lombardo.
Candido-, della seconda, certamente un cognome, l’unica cosa visi- (2) Sarebbe sfuggito pure a me, se non me lo avesse indicato cortesissima
mente Giuseppe Rotondi. Lo nomina l’Ullman nella ediz. del Polenton (p. xxin).
(3) Non predicti mo<nasterii>, come legge il Vattasso: il Dyo<nisii> è stinto,
ma leggibile. Il maestro Egidio dovette omettere davanti al secondo Dyonisii un
(*) Anche qui VItinerarium deriva da Ted., e credo pure le Sine nomine, ben secondo Sancti.
ché il Piur parli appena di identica antica fonte per i due codici. (*) Don Philippe de Villette è un benedettino morto nel secondo decennio
(*) Pare dunque (anche perché manca all’inizio il titolo vero) che il trascrittore del 1400. Parla di lui l’Abbé P. Feret in La Faeulté de Théologie de Paris, Moyen-
se lo ricopiasse ritenendo questa l’altra opera petrarchesca. Age, Tome quatrième et dernier, Parigi 1897.