Table Of ContentEduardo Galeano
LE VENE APERTE
DELL’AMERICA LATINA
Un reportage che attraversa cinque secoli di storia del continente
latinoamericano per raccontare il saccheggio delle sue preziose
risorse: l'oro e l'argento, il cacao e il cotone, il petrolio e la gomma, il
rame e il ferro.Tesori depredati sistematicamente: fin dai tempi della
conquista spagnola, le potenze coloniali hanno prosciugato le
ricchezze di questa terra rigogliosa, lasciandola in condizioni di
estrema povertà. Un testo illuminante che, intrecciando l'analisi
storica ed economica con il racconto, suggestivo e incalzante, delle
passioni di un popolo sfruttato e sofferente, è diventato un vero e
proprio classico della letteratura latinoamericana. Prefazione di
Isabel Allende.
http://cultura-non-a-pagamento.blogspot.it/
Titolo originale
"Las venas abiertas de América Latina.
Copyright Eduardo Galeano.
Copyright 1997 Sperling & Kupfer Editori S.p.A., Milano.
«Continente desaparecido» Collana diretta da Gianni Minà.
Quarta edizione.
Per la presente edizione Irina Bajni ed Elena Liverani hanno
rivisto e aggiornato sulla base dell'edizione spagnola 1994 (Siglo
XXI Editores, S.A., Messico e Madrid) la traduzione di Gabriella
Lapasini, pubblicata nel 1976 da Giulio Einaudi Editori S.p.A.,
Torino.
La traduzione del Capitolo 4, «Sette anni dopo», è di Elena
Liverani.
La traduzione della Prefazione di Isabel Allende è di Tullio
Dobner.
"Abbiamo mantenuto un silenzio abbastanza simile alla
stupidità... "
(Proclama insurrezionale della giunta Tuitiva nella città di La
Paz, 16 luglio 1809)
Questo libro non sarebbe stato possibile senza la
collaborazione prestata, in un modo o nell'altro, da Sergio Bagu,
Luis Carlos Benvenuto, Fernando Carmona, Adicea Castillo, Alberto
Couriel, André Gunder Frank, Rogelio Garcia Lupo, Miguel Labarca,
Carlos Lessa, Samuel Lichtensztejn, Juan A. Oddone, Adolfo
Perelman, Artur Poerner, Germàn Rama, Darcy Ribeiro, Orlando
Rojas, Julio Rossiello, Paulo Schilling, Karl-Heinz Stanzick, Vivian
Trias e Daniel Vidart.
A loro, e ai molti amici che mi resero più lieve la fatica di
questi ultimi anni, dedico il risultato, del quale tuttavia, è chiaro,
essi non sono responsabili.
Indice
Prefazione di Isabel Allende
Introduzione.
Centoventi milioni di bambini nell'occhio del tifone.
Parte prima.
"Dalla ricchezza della terra, la povertà dell'uomo."
1. Febbre dell'oro, febbre dell'argento.
2. Re zucchero e altri sovrani agricoli.
Parte seconda.
"Lo sviluppo è un viaggio con più naufraghi che naviganti".
1. Storia della morte precoce.
2. La struttura contemporanea del saccheggio.
3. Le fonti sotterranee del potere.
4. Sette anni dopo.
Prefazione
Molti anni fa, quand'ero giovane e credevo ancora che si
potesse forgiare il mondo sulle nostre migliori intenzioni e
speranze, qualcuno mi regalò un libro con la copertina gialla che
divorai in due giorni con tanta emozione da doverlo rileggere un
altro paio di volte per assorbirne tutti i significati: "Le vene aperte
dell'America Latina" di Eduardo Galeano.
Nei primi anni '70 il Cile era una piccola isola nel mare
burrascoso in cui la storia aveva tuffato l'America Latina, il
continente che appare sulle carte geografiche nella forma di un
cuore malato. Eravamo nel pieno del governo socialista di Salvador
Allende, il primo rivoluzionario diventato presidente tramite
democratiche elezioni, un uomo guidato da un sogno di
eguaglianza e libertà e dalla passione di realizzarlo. Quel libro con
la copertina gialla, tuttavia, dimostrava che non esistevano isole
sicure nella nostra parte di mondo. Tutti noi avevamo in comune
cinquecento anni di sfruttamento e colonizzazione, tutti noi
eravamo legati da un medesimo destino, tutti noi appartenevamo
alla stessa razza degli oppressi. Se fossi stata capace di leggere tra le
righe avrei concluso che il governo di Salvador Allende era
predestinato dal principio. Era il tempo della Guerra Fredda e gli
Stati Uniti non avrebbero consentito la riuscita di un esperimento
di sinistra in quello che Henry Kissinger definiva il loro «cortile di
casa»: la rivoluzione cubana era sufficiente. Nessun altro progetto
socialista sarebbe stato tollerato, fosse stato anche il risultato di
elezioni democratiche. L'11 settembre 1973 un colpo di stato militare
pose fine a un secolo di tradizione democratica cilena e diede inizio
al lungo regno del generale Augusto Pinochet.
Golpe analoghi seguirono in altre nazioni e presto metà della
popolazione del nostro continente viveva nel terrore. Questa era
una strategia formulata a Washington e imposta sulla popolazione
latinoamericana dalle forze economiche e politiche della destra. In
tutte le circostanze i militari agirono da mercenari al servizio di
gruppi privilegiati al potere. La repressione fu organizzata su larga
scala. La tortura, i campi di concentramento, la censura, la
prigionia senza processo e le esecuzioni sommarie diventarono
pratica comune. Migliaia di persone «scomparvero», in massa esuli
e profughi abbandonarono i propri paesi per salvarsi la vita. Nuove
ferite furono aggiunte alle cicatrici antiche e recenti di un
continente già provato.
E' in questo contesto politico che fu pubblicato "Le vene
aperte dell'America Latina". Il libro rese Eduardo Galeano da un
giorno all'altro famoso a livello internazionale, sebbene fosse già un
noto giornalista in Uruguay.
Come tutti i suoi compatrioti, Eduardo desiderava diventare
un giocatore di calcio. Voleva anche essere un santo, ma il destino
volle che finisse per commettere la gran parte dei peccati mortali,
come lui stesso ebbe a confessare. «Io non ho mai ucciso nessuno, è
vero, ma è solo perché mi sono mancati il coraggio o il tempo, non
perché mi facesse difetto il desiderio.» Lavorava presso il
prestigioso settimanale "Marcha" e, a ventotto anni, divenne
direttore del quotidiano indipendente "Epoca", entrambe testate
uruguaiane. Scrisse "Le vene aperte dell'America Latina" in tre mesi,
nelle ultime novanta notti del 1970 mentre di giorno lavorava
all'Università a curare libri, riviste e notiziari.
Erano tempi difficili in Uruguay. Navi e aerei partivano carichi
di giovani in fuga dalla povertà e dalla mediocrità in un paese che li
costringeva a essere vecchi a vent'anni e che produceva più violenza
che carne o lana. Dopo un'eclissi durata un secolo, i militari
invasero la scena con il pretesto della lotta ai guerriglieri
tupamaros, sacrificarono gli spazi di libertà e fagogitarono il potere
civile, che divenne via via sempre meno civile.
Verso la metà del 1973, in Uruguay ci fu un colpo di stato
militare.
Galeano fu imprigionato e poco dopo esiliato in Argentina
dove fondò la rivista "Crisis". Nel 1976 ci fu un colpo di stato anche
in Argentina ed ebbe inizio la «guerra sporca» contro intellettuali,
esponenti della sinistra, giornalisti e artisti. Per Galeano fu l'inizio
di un secondo esilio, questa volta in Spagna, con la moglie Helena
Villagra. In Spagna scrisse "Giorni e notti di amore e di guerra", un
bel libro sul ricordo, e poco dopo avviò una sorta di conversazione
con l'anima dell'America, premessa a "Memoria del fuoco", un
esaustivo affresco della storia latinoamericana dall'epoca
precolombiana ai tempi moderni. «Ho immaginato che l'America
fosse una donna e che mi confidasse all'orecchio i suoi segreti, gli
atti d'amore e le violenze subite che l'avevano creata.» Lavorò a
questi tre volumi per otto anni, scrivendo a mano. «Non sono
particolarmente interessato a guadagnare tempo: preferisco
goderlo.»
Nel 1985, dopo che la dittatura militare in Uruguay fu sconfitta
da un plebiscito, Galeano poté finalmente tornare in patria. Il suo
esilio era durato undici anni, ma non aveva imparato a rendersi
invisibile o a tenere la bocca chiusa. Appena messo piede a
Montevideo, già lavorava al rafforzamento della fragile democrazia
che aveva sostituito la giunta militare. Pensava allora e pensa
ancora che la democrazia non debba nutrirsi di amnesia e
impunità. La democrazia ha bisogno e diritto di buona memoria e
giustizia. Eduardo Galeano ha pubblicato alcuni libri violando
disinvoltamente le frontiere tra i generi letterari ed è autore di
innumerevoli articoli, interviste e conferenze. Ha ricevuto molti
premi, lauree "ad honorem" e riconoscimenti per il suo talento
letterario e il suo attivismo in nome dei diritti umani. E' uno degli
autori più interessanti mai emersi in America Latina, una regione
che vanta molti grandi nomi in campo letterario. La sua opera
mescola capacità di sintesi, convinzione politica, afflato poetico e
talento di narratore. Ha percorso l'America Latina ascoltando anche
la voce dei reietti, oltre che quella di leader e intellettuali. Ha
vissuto con indios, contadini, guerriglieri, soldati, artisti e
fuorilegge; ha parlato a presidenti, tiranni, martiri, preti, eroi,
banditi, madri disperate e pazienti prostitute. Ha patito le febbri
tropicali, ha conosciuto la giungla ed è sopravvissuto a un grave
infarto; è stato perseguitato sia da regimi repressivi sia da terroristi
fanatici. Ha combattuto le dittature militari e tutte le forme di
brutalità e sfruttamento, correndo rischi impensabili in difesa dei
diritti umani. Non conosco nessuno che abbia una conoscenza di
prima mano dell'America Latina pari alla sua, che adopera per
raccontare al mondo i sogni e le disillusioni, le speranze e gli
insuccessi della sua gente. E' un avventuriero dotato di talento per
la scrittura, di un cuore sensibile e di un dolce senso dell'umorismo.
Viviamo in un mondo che tratta i morti meglio dei vivi. Noi, i
vivi, siamo formulatori di domande e dispensatori di risposte,
insieme con altri gravi difetti, imperdonabili per un sistema che
crede che la morte, come il denaro, migliori gli individui.
Tutte queste qualità erano già evidenti nel suo primo libro, "Le
vene aperte dell'America Latina", dove già affiorava chiaro il suo
genio di narratore. Conosco di persona Eduardo Galeano; è capace
di produrre, senza sforzo apparente, un flusso interminabile di
storie per un periodo di tempo indeterminato. Una volta ci siamo
trovati tutti e due bloccati in un albergo su una spiaggia cubana,
senza mezzi di trasporto e senza aria condizionata. Per alcuni
giorni mi ha intrattenuto con le sue incredibili storie davanti a
bicchieri di pina colada. E' questo talento quasi soprannaturale nel
raccontare a rendere così facile la lettura di "Le vene aperte
dell'America Latina", una specie di romanzo di pirati, come lui
stesso lo ha definito una volta, persino per le persone che hanno
meno dimestichezza con le questioni politiche ed economiche. Il
libro scorre con la grazia di una novella ed è impossibile posarlo. Le
sue argomentazioni, il suo impeto e la sua passione
travolgerebbero, se non fossero espressi in uno stile così
impeccabile, con un senso così magistrale del ritmo e della
suspense. Galeano denuncia lo sfruttamento con inflessibile ferocia,
eppure il suo libro è quasi poetico nelle descrizioni che dà della
solidarietà e della capacità umana di sopravvivere alle più atroci
depredazioni. C'è una forza misteriosa nella narrazione di Galeano.
Usa la sua arte per introdursi nella privacy della mente del lettore,
persuaderlo a leggere e continuare fino alla fine, a soccombere al
fascino della sua scrittura e al vigore del suo idealismo.
Nel suo "Libro degli abbracci", Eduardo racconta una storia
che adoro. E' per me una splendida metafora della scrittura in
generale e della sua scrittura in particolare.
C'era un uomo anziano e solitario che trascorreva la gran parte
del suo tempo a letto. Si diceva che nascondesse in casa un tesoro.
Un giorno entrano i ladri, cercano dappertutto e trovano un baule
in cantina. Lo portano via e quando lo aprono lo trovano pieno di
lettere. Erano lettere d'amore che il vecchio aveva ricevuto nell'arco
di tutta la sua lunga esistenza. I ladri stavano per bruciare le lettere,
ma, dopo averne discusso, decidono infine di restituirle. A una a
una. Una per settimana. Da quel momento, tutti i lunedì a
mezzogiorno, il vecchio avrebbe atteso l'arrivo del postino.
Appena lo vedeva, gli correva incontro e il postino, che sapeva
tutto, teneva la lettera alta in mano. E anche san Pietro udiva il
battere di quel cuore, impazzito dalla gioia di ricevere il messaggio
di una donna.
Non è questa la giocosa sostanza della letteratura? Un fatto
trasformato dalla verità poetica. Gli scrittori sono come quei ladri,
prendono qualcosa che è reale, come le lettere, e con un trucco
magico lo trasformano in qualcosa di assolutamente nuovo. Nel
racconto di Galeano, le lettere esistevano e già appartenevano al
vecchio, ma erano riposte, non lette, in una cantina buia; erano
morte. Con il semplice trucco di rispedirle a una a una, i bravi ladri
avevano dato nuova vita alle lettere e nuove illusioni al vecchio.
Ecco che cosa c'è di ammirevole nel lavoro di Galeano: sa trovare i
tesori nascosti, accende la scintilla in avvenimenti consunti e
vivifica l'anima stanca con l'impeto della sua passione.
"Le vene dell'America Latina" è un invito a esplorare dietro
l'apparenza. Le grandi opere letterarie come questa svegliano la
coscienza, riuniscono le persone, interpretano, spiegano,
denunciano, documentano e provocano cambiamenti.
C'è un altro aspetto di Eduardo Galeano che mi affascina.
Quest'uomo, che ha tanta esperienza e che, per aver studiato gli
indizi e i segni, ha sviluppato una sua capacità di precognizione, è
un ottimista.