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© copyright by Carocci editore S.p.A., Roma
2012
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Indice
Introduzione
9
Lo studio del mito dal mondo antico
l.
alla letteratura moderna
13
Gli scritti giovanili sull'Egitto e sulla Grecia
14
La concezione della storia
18
La teoria delle connessioni archetipiche
22
La critica letteraria e la mitologia moderna
29
Mito e antropologia: funzione sociale,
2.
• • • •
tecn1c1zzaz1one e utopia
37
Mito genuino e mito tecnicizzato
Dalla Grecia alla Germania
Il rapporto con Kerényi
La critica militante e la riflessione
sull'uso politico del mito
54
Scienza della mitologia e mitopoiesi
3.
Mito, storia e cultura ebraica 66
La scienza della mitologia come storia della storiografia 70
La critica alla metafisica del mito 75
Lévi-Strauss e Dumézil
Il potere performativo del mito
4. Teoria della macchina mitologica
La critica dell'antropologia:
una nuova scienza della cultura 91
La macchina della teoria e la scrittura dell'archeologia 96
Difesa della ragione e creazione artistica
102
Ermeneutica e politica
105
5. La macchina mitologica in funzione
III
Il linguaggio mitologico: Rilke, Benjamin, Wittgenstein 114
Mito e linguaggio nella cultura mitteleuropea:
Mann, Canetti, Kraus
118
Mitologia e cultura di destra 123
Il caso Eliade e la mitologia antisemita
128
Decostruire le mitologie quotidiane 134
Considerazioni conclusive 139
Bibliografia 143
Indice dei nomi
155
Introduzione
Il contenuto reale di un libro è sempre altro in parte da
quello che si mostra.
C. Levi, Tutitoml i eefil nei 1t9o6,4
Furio Jesi è stato uno studioso dalla straordinaria varietà di interessi,
capace di ibridare discipline e di intrecciare problemi apparentemente
distanti grazie a un'erudizione profonda, un'intelligenza sottile e una
scrittura formidabile. Benché la sua opera sia molto apprezzata al pun
to da divenire oggetto di culto in ambiti che spaziano tra storia antica,
letteratura e politica, l'impianto generale della sua riflessione rimane
ancora poco noto. Torinese, di origini ebraiche ma non credente, mili
tante e teorico della "nuova sinistra", Jesi è stato molto più che mitologo
e germanista: fin da giovanissimo si è occupato di storia delle religioni,
antropologia, critica letteraria, storia delle idee, filosofia, per approdare
a una cattedra universitaria in Lingua e letteratura tedesca (nel 1976 a
Palermo e poi a Genova), ambito d'adozione in cui si sono incontrati i
diversi interessi e in cui ha svolto un ampio lavoro di traduzione (Rilke,
Mann, Bachofen, Canetti).
In forza di una concezione pedagogica del lavoro intellettuale ha at
traversato la storia editoriale italiana degli anni settanta come autore,
curatore e consulente, tra gli altri, per Einaudi, Paravia, Garzan
UTET,
ti, Rizzali, Adelphi, Selleria, senza trascurare la pubblicistica su riviste
come "Comunità", "Sigma': "Resistenza. Giustizia e Libertà", ma anche
"Storia illustrata" o quotidiani come "l'Ora" e "Tuttolibri" di "la Stam
pa". La sua produzione intellettuale si misura in un'ampia bibliografia
stretta tra il 1956 e il 1980, quando a soli trentanove anni un assurdo
incidente domestico ha messo fine alla sua vita; a trent'anni da allora
la sua opera continua ad essere un crocevia apprezzato dai lettori più
diversi e, grazie alle ristampe e alle pubblicazioni di inediti, è possibile
rapportarsi al suo pensiero in una nuova stagione di interesse critico e
con uno sguardo più ampio reso possibile dalla distanza.
Nello studio del mito Jesi è una luminosa meteora che emerge per
originalità di stile e di impostazione ed è al tempo stesso una cerniera
FURIO JESI
IO
tra gli studi legati a un umanesimo classico - Pettazzoni, Kerényi, Jung,
Cassirer - e la ricezione in tempo reale di una nuova cultura, tra tutti
Dumézil, Lévi-Strauss, Benjamin, Barthes. La costante che solca un'o
pera eterogenea per temi e soggetti donandole organicità e coerenza
è la scienza della mitologia, o meglio la sua critica; questa, culminata
nell'originale proposta della "macchina mitologica", alimenta l'intera
produzione jesiana permettendole di muoversi in un territorio di sor
prendente vastità. Spostando l'attenzione dal mito, concepito come una
sostanza oggettivabile, alle forme mitologiche e alle modalità testuali di
produzione di materiali mitologici,Jesi ha indagato il rapporto tra sapere
e potere nel quadro di una filosofia del linguaggio: finzioni, miti, luo
ghi comuni sono entità dotate di un'esistenza nell'immaginario che non
di meno alimenta pratiche diffuse e produce conseguenze reali, inserite
in contesti storici pregni di interessi di ordine materiale e politico. Una
simile ontologia della finzione è anche una teoria critica della cultura,
perché interroga ciò che primafa cie si presenta come naturale, eterno e
dotato di legittimazione sacrale per mostrare cosa - uomini e idee, valori
e presupposti - lo ha prodotto.
"Mito" è il nome di una rete intricata di strutture portatrici della
memoria, solo apparentemente ovvia, ma che si rivela invece all'analisi
filosofica essere ricavata per contrasto proprio dall'assenza di ciò che il
termine designa: un mito come sostanza extraumana ed extratemporale
che non è mai possibile conoscere veramente come tale. Se per lungo
tempo la filosofia ha pensato il mito come superstizione infantile e ir
razionale, la riflessione contemporanea gli ha restituito una più ampia
portata di significato e lo ha concepito come il frutto di una logica sui
generis ma pur sempre prodotta dalla ragione. E sempre la razionalità,
indagabile solo attraverso se stessa e nelle sue manifestazioni storiche, a
essere in questione quando si parla di mitologie.
Jesi ha cercato di rispondere alle domande poste dall'intersezione
di antropologia, storia delle idee e filosofia a sincrono con quanto suc
cedeva nella riflessione contemporanea europea. Dopo aver abbando
nato negli anni sessanta lo studio del mondo antico per dedicarsi alle
interferenze tra mito, letteratura e politica nella cultura mitteleuropea,
ha mostrato come la scienza del mito ne riveli la funzione di coesione
comunitaria nel momento della sua difettività, quando cioè essa nell'e
tà moderna del disincanto del mondo e della secolarizzazione, con la
"morte di Dio", viene a mancare. Ciò che del mito è delineabile, con il
tratto leggero di uno schizzo a matita che non ha la presunzione di essere