Table Of ContentPRINCIPALI CAVE DI 17 Cipollino rosso e lassense brecciato 18
47 Porfido bigio o
PIETRE COLORATE Alabastro fiorito 19 Africano e Bigio africanato
Granito a morviglione,
NEL MONDO ROMANO 20 Pavonazzetto 21 Portasanta 22 Nero antico
Porfido bigio di Sibilio
23 Granito misio 24 Bigio antico e Bigio
52 Breccia Romana 53
lumachellato -25 Lapis sarcophagus 26 Granito
Marmo d'Aquitania 54
della Troade 27 Breccia corallina 28 Breccia di
Cipollino mandolato
Hereke 29 Occhio di pavone
verde; C. m. rosso 55
Broccatello di Spagna
56 Alabastro a
pecorella
37 Granito di Nicotera 38 Alabastro bianco e cotognino 39
Granito sardo 40 Granito del Giglio 41 Cottanello antico 42 30 Verde antico 31 Breccia
Granito dell'Elba 43 Breccia dorata, * Breccia gialla, di Sciro o Settebasi 32
Breccia gialla fibrosa 44 Breccia di Seravezza, Breccia Marmo calcidense, Fior di
Medicea 45 Breccia rossa appenninica 46 Breccia Pesco 33 Cipollino 34
quintilina 48 Nero antico 49 Lumachella orientale, Serpentino, Breccia verde di
Astracane dorato 50 Giallo antico, Nero antico 51 Greco Sparta, Porfido Vitelli 35
scritto Rosso antico 36 Cipollino
Tenario
-Assuan (Siene), 1 Granito rosso (Sienite); 2 Gebel Nagug , Diorite egiziana; -Uadi Hammâmât: 3 Breccia verde d'Egitto 4
Basanite 5 Serpentina moschinata 6 Granito del Uadi Fawakhir -Uadi Umm Wikala (Mons Ophyates), 7 Granito verde
fiorito della sedia (di San Lorenzo o di San Pietro) 8 Gabbro eufotide; - Uadi Bârûd, 9 Granito bianco e nero; Gebel Fatireh
(Mons Claudianus), 10-11 Granito del Foro -Gebel Dokhan (Mons Porphyrites), 12 Porfido rosso, verde, nero; 13 Porfido
serpentino nero; 14 Granito verde fiorito di bigio 15 Granito della colonna; -Hatnub, 16 Alabastro cotognino
A Roma, si cominciano ad usare i marmi bianchi e colorati sin da età tardo repubblicana,
sia in edifici pubblici che privati, come le domus dei grandi magistrati, che dovevano
essere sempre munite di area destinata al ricevimento pubblico dei clientes.
I primi esempi si datano tra età sillana e cesariana, con la soglia in marmo numidico nella
casa di Emilio Lepido (78 a.C.), e la casa di Mamurra, praefectus fabrum di Cesare in
Gallia, con pareti rivestite in marmo lunense e caristio, e l’uso di colonne monolitiche
pure in marmo di Caristo nell’atrio; anche Crasso aveva usato colonne di marmo imezio
nell’atrio della sua casa, mentre l’edile del 58 a.C., Emilio Scauro, aveva fatto venire
colonne di marmo luculleo a questo scopo, anche se inizialmente le aveva collocate nella
scena di un teatro provvisorio.
La vera e propria esplosione nell’uso del marmo si nota a partire dall’età augustea,
quando le cave vengono inserite nel patrimonio imperiale e sono utilizzate per rendere
sempre più fastosi gli edifici pubblici della capitale, finanziati col denaro del princeps.
Per la cavatura e il trasporto si utilizzano mezzi e fondi pubblici, anche se con l’aiuto di
appaltatori privati.
Il modello per questo comportamento va cercato nei sovrani ellenistici, soprattutto nella
reggia di Alessandria, dove probabilmente inizia il gusto per la decorazione marmorea
policroma degli interni; Augusto comprende che tale fasto va applicato anche agli edifici
pubblici, che in tal modo esprimeranno la grandezza dello Stato.
Cave di Carystos (Eubea): fusti monolitici sbozzati di marmo «cipollino» abbandonati. I fusti monolitici
venivano sbozzati in cava, ma nel caso si presentassero difetti o fessurazioni erano lasciati sul posto o
segati per trarne lastre di rivestimento.
AI fusti era applicata l’entasi in cava , incidendo
anelli di profondità crescente a intervalli regolari
lungo il fusto; in seguito si lisciava il fusto unendo i
piani sul fondo delle incisioni, e si otteneva l’entasi
I fusti monolitici erano prodotti
secondo poche misure – base, per una
produzione altamente standardizzata,
finalizzata allo stoccaggio in
magazzino, con altezze secondo
multipli di 4 o di 5.
Mark Wilson Jones ha recentemente
indagato le leggi proporzionali che
governavano le dimensioni delle
colonne corinzie romane, trovando
una regolare corrispondenza tra
altezza del fusto e altezza totale delle
colonne di 5:6 (regola probabilmente
introdotta in età augustea), in modo
da spiegare perché le altezze dei fusti
fossero effettivamente secondo
multipli di 5 piedi romani. Inoltre,
spesso il diametro del fusto sta alla
sua altezza come 1:8, una dimensione
che doveva essere impostata sin dalle
cave. Tale schema raggiunse il
massimo della sua diffusione
soprattutto nella prima metà del II
secolo d.C., ma con l'andare del
tempo la sua applicazione diventa
meno rigorosa.
1
4
3
5
2
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Ipotesi di ricostruzione di una cava di marmo in età imperiale:
stadi di sbozzatura degli elementi architettonici
Dopo la cavatura (tracce di piccone sulla parete
della cava ad Aphrodisias) il pezzo veniva fatto
scendere su strade apposite fino a valle, dove si
caricava su grandi carri che li trasportavano ai
centri di raccolta collocati presso i principali
porti delle province
Rotte note dall’Editto dei Prezzi di Diocleziano
(da J. Rougé, Recherches sur l’organisation du
commerce maritime en Méditerranée sous
l’empire romain, Paris 1966, pp. 88-89.
Le cave dei principali marmi colorati erano di proprietà imperiale, de dunque la destinazione era
soprattutto Roma e le costruzioni imperiali, ma una parte dei marmi estratti poteva essere
commercializzata e utilizzata per la costruzione pubblica nelle province. L’ Editto dei Prezzi di Diocleziano
attesta come le diverse qualità di marmi avessero prezzi diversi, a seconda della difficoltà di cavatura e
di trasporto.
Sarcofagi
intagliati nella
pietra calcarea
detta «lapis
sarcophagus»
da Plinio,
cavata presso
Assos nella
Troade ed
esportati in
tutto il
Mediterraneo,
naufragati con
la nave che li
trasportava
presso le coste
della Grecia
occidentale.
I fusti monolitici e i blocchi in
marmo colorato, in questo caso
il pavonazzetto dalle cave di
Dokimeion in Frigia, erano
catalogati e inventariati, in
quanto parte del patrimonio
imperiale.
(Q. Iunio) Rustico II et (L. Titio
Platio) Aquilino cos(s). /
off(icina) (Augusta Nova)
Caes(aris) Dom(ini) / B(racchio)
IIII Loco CVI [Loco LXXXXI
B(racchio) Quar(to)]
Qui si osserva la data consolare
del 162 d.C. L’officina Augusta
Nova (qui abbreviata), di
proprietà imperiale, era
collegata a una specifica cava
intesa come unità di lavoro, con
indicazione specifica del braccio
e del locus. Altre officine sono
note dalle epigrafi di Docimium
(studiate da J. Fant e M. Drew-
Bear): Certi, Agrippae, Regia,
Genii Montis ecc.
Description:Sparta, Porfido Vitelli 35 . Dalle cave di Dokimeion (Frigia): fusti monolitici trovati presso il canale di Fiumicino, riparati in antico mediante grappe di